La diplomazia improvvisata di Zapatero
Tuve oportunidad recientemente de intercambiar opiniones con unoscolegas italianos, uno de los cuales me refirió a una blogg amiga, para que nos hicieramos una idea de lo que ya mucha gente piensa del Sr Rodriguez en Italia. . La traducción al castellano la podeis escontrar al final del artículo
1 dicembre 2005
Autore: Daniele SfregolaIl ritiro in fretta e furia dall'Iraq delle truppe spagnole e i triplici salti mortali diplomatici che il governo socialista di Madrid ha compiuto negli ultimi mesi si sono arricchiti, ieri, di un'ulteriore, ennesima "perla". Durante la missione in Venezuela, utile alla firma di numerosi contratti di vendita di aerei e navi militari di produzione spagnola al Venezuela del "bolivarista" Hugo Chavez, il Ministro della Difesa del governo Zapatero, José Bono, si é lasciato andare a dichiarazioni ben poco cerimoniali nei confronti di Fidel Castro, il "lider" tanto coccolato in precedenza dall'esecutivo di Madrid da indurlo ad intraprendere una vigorosa azione politica in seno all'Unione Europea al fine di normalizzare i rapporti bilaterali dell'organizzazione con Cuba. In quell'occasione, Zapatero riuscì ad irritare seriamente l'Amministrazione Usa, già scottata dal ritiro "pacifista" dalla ricostruzione irachena, e ad assumere le vesti del "redentore" europeo della dittatura comunista cubana agli occhi degli osservatori internazionali, tirandosi dietro sorrisini e ironie sulla sua "diplomatic skill".
In realtà, dietro quella mossa c'era certamente un vago sapore ideologico di base, ma l'obiettivo spagnolo era evidente: rafforzare il ruolo di ponte tra l'Ue e gli Usa da un lato e la piccola Cuba rivoluzionaria dall'altro, puntando sui legami storici con l'isola (quattro secoli sotto dominazione spagnola prima dei sessant'anni di controllo americano) e mirando a consolidare i lucrosi affari che, in
virtù dell'embargo Usa (leggi Torricelli del 1992 e Helms-Burton del 1996), hanno portato Madrid ad occupare il secondo posto tra i partner commerciali de L'Avana, dopo il Canada. L'idealista zapatero, eroe sognato da un numero crescente di socialisti nei Paesi europei continentali (Italia in testa), è in realtà un cinico utilitarista quando si parla di business, pronto a mettere in crisi, nei fatti,
consolidate alleanze strategiche (in primis, con gli Usa) per espandere il brand spagnolo in Sud America più di quanto sia stato capace di fare il predecessore Aznar.
Il problema di questa frenetica attività economico-diplomatica è che produce risultati minimi a costi altissimi. Un premier responsabile e avvezzo alle dinamiche politico-diplomatiche di questo mondo,
inseguendo i medesimi target, agirebbe esattamente all'opposto: profilo basso e poche parole per evitare irritazioni preventivabili degli alleati maggiori, molti contratti e al di fuori dei settori strategico-militari con Stati di discutibile affidabilità a livello internazionale. Perché è vero che la compagnia spagnola Repsol ha ottenuto una concessione dal governo cubano per sondare un'area di mare all'interno delle acque territoriali de L'Avana che si affacciano sul Golfo del Messico che ha portato alla constatazione della ricchezza di giacimenti che circonda l'isola. Ma ha senso perseverare nell'irresponsabilità diplomatica e, dopo essersi messi contro gli Usa e molti Paesi dell'Ue, sperperare il risultato conseguito con le dichiarazioni di ieri?
L'incontinenza verbale in diplomazia è sinonimo di crisi di identità politica sullo scenario internazionale. Bono, perso nell'intento di raffigurarsi amico inossidabile del proto-regime venezuelano e di far
incassare alle casse spagnole ben due miliardi di dollari dalle commesse militari destinate a Caracas, ha affermato quanto segue: "Chavez può piacere o non piacere però non è arrivato al potere come Fidel Castro o come Pinochet. Ci è arrivato con le elezioni e ci resta con le elezioni. E' qualcosa che vale di più che l'opinione che possa avere un governo o un signore particolare sulla democrazia venezuelana". Dilettantesco.
La diplomazia improvvisata di Zapatero fa acqua da tutte le parti: ha messo in crisi il rapporto privilegiato con Cuba (che prontamente a convocato l'ambasciatore spagnolo a L'Avana per inoltrare al governo di Madrid una protesta ufficiale e la richiesta di rettificare la dichiarazione del Ministro Bono), a sua volta inseguito a costo di mettere in crisi i rapporti con gli Usa e i Paesi occidentali politicamente vicini all'Amministrazione Bush (Italia compresa), a loro volta infangati letteralmente a seguito dell'ostinata intenzione di Zapatero e del suo esecutivo, contro ogni "consiglio" proveniente
da Washington, di vendere tecnologia e know-how militare ad un governo, quello di Chavez, apertamente anti-americano e fonte di molteplici preoccupazioni geopolitiche (asse energetico-militare con Teheran, L'Avana e Pechino in funzione anti-occidentale).
Al di là delle frasi di circostanza e dell'amicizia sbandierata tra Madrid e gli alleati occidentali, Zapatero sta dilapidando un capitale considerevole in fatto di credibilità e rispetto. La sua diplomazia
"sovrana ed indipendente", come si è affrettato a specificare Bono nell'intento di rispedire al mittente gli avvisi di Washington, costituisce la cambiale improvvisata che presto o tardi gli spagnoli
pagheranno a caro prezzo.
UPDATE: il Ministro della Difesa Bono è stato costretto a rettificare le sue dichiarazioni a seguito del monito del governo cubano. A questi spettacolini da cabaret si è ridotta la Spagna.
TRADUCCIÓN
La diplomacia improvisada de Zapatero
La retirada presurosa e impetuosa de las tropas españolas de Irak y el triple salto mortal, que en materia diplomática ha realizado, en los últimos meses el gobierno socialista de Madrid, se ha visto enriquecido, hace poco, con una última y enésima "perla". Durante la misión en Venezuela que se ha ultimado con numerosos contratos de venta de aviones y buques militares de producción española a la Venezuela del "bolivarista" Hugo Chávez, el ministro de defensa del gobierno zapatero, José Bono, ha hecho unas declaraciones bien poco agradables referentes a Fidel Castro. Líder tan mimado, hace un tiempo, por el ejecutivo de Madrid a quien inducía a llevar a cabo una vigorosa acción política en el seno de la i.e. con la finalidad de normalizar las relaciones de la i.e. con Cuba. Por este motivo, Zapatero consiguió irritar seriamente a la Administración USA, ya escaldada con la retirada "pacifista" de la reconstrucción iraquí, al asumir el papel de "redentor" europeo de la dictadura comunista cubana a los ojos de los observadores internacionales, marcándose sonrisas e ironías sobre sus objetivos diplomáticos.
En realidad, detrás de aquel gesto había ciertamente un vago sabor ideológico de base, pero el objetivo español era evidente: reforzar su papel de puente entre la UE y USA por una lado y la pequeña Cuba revolucionaria por otro, apoyándose en sus ligámenes históricos con la isla (cuatro siglos bajo dominación española previos a los sesenta años de control americano) y procurando consolidar los lucrativos negocios, que en virtud del embargo USA (ley Torricelli de 1992 y Helms-Burton de 1996), han llevado a Madrid a ocupar el segundo lugar como socio comercial de La Habana, tras Canadá. El idealista Zapatero, héroe soñado por un número creciente de socialistas de los países europeos (Italia en cabeza), es en realidad un cínico utilitarista, cuando se trata de negocios, dispuesto a sacrificar alianzas estratégicas consolidadazas (especialmente con USA) con tal de expandir la marca española por América del Sur, mucho más de lo que fue capaz de hacer su predecesor Aznar.
El problema de esta frenética actividad económico-diplomática es que produce resultados mínimos pero con unos costes altísimos. Un primer ministro responsable acostumbrado a las dinámicas
político-diplomáticas de este mundo que persiguiera los mismos objetivos, actuaría exactamente de modo opuesto: perfil bajo y pocas palabras para evitar previsibles irritaciones de sus mayores aliados, muchos contratos fuera del sector estratégico-militar con estados de discutible credibilidad a nivel internacional. Porque, siendo cierto que la compañía española Repsol ha conseguido una concesión del gobierno cubano para prospeccionar una zona marítima en aguas territoriales de La Habana frente al golfo de Méjico, que ha llevado a constatar la riqueza de los yacimientos que circundan la isla, ¿qué sentido tiene perseverar en la irresponsabilidad diplomática, tras haberla ejercida contra USA y muchos países de la UE, al dilapidar el resultado conseguido con las declaraciones de ayer?
La incontinencia verbal en diplomacia es sinónimo de crisis de identidad política en el escenario internacional. Bono, perdido en el intento de representar el papel de amigo inoxidable del proto-régimen venezolano y hacer ingresar en las arcas españolas dos mil millones de dólares por las ventas militares a Caracas, ha afirmado literalmente: "Chávez, puede gustar o no gustar, pero no ha llegado al poder como Fidel Castro o como Pinochet. Ha llegado con elecciones y se mantiene con ellas, y ello es algo que vale más que la opinión que pueda tener un gobierno o una persona particular sobre la democracia venezolana". Diletante.
La democracia improvisada de Zapatero hace aguas por todas partes: ha puesto en crisis su relación privilegiada con Cuba (que rápidamente ha convocado al embajador español en La Habana para endosar al gobierno de Madrid una protesta oficial con la petición de retirar las declaraciones del ministro Bono), a su vez ha conseguido, acto seguido, poner en crisis sus relaciones con USA y con otros países occidentales próximos a la administración Bush (Italia incluida), ya ensuciadas previamente por la obstinación de Zapatero y su ejecutivo, en contra de cualquier consejo proveniente d Washington para que no vendiera tecnología militar a un gobierno como el de Chávez, abiertamente antiamericano y fuente de múltiples preocupaciones geopolíticas ( eje energético-militar con Teherán, La Habana y Pekín abiertamente anti-occidental).
Más allá de las frases de circunstancias y de amistad desplegada entre Madrid y los otros aliados occidentales, Zapatero está dilapidando un capital a efectos de credibilidad y respeto. Su diplomacia "soberana e independiente", como se ha apresurado a especificar Bono, en su intento de reexpedir al remitente los avisos de Washington, constituye una letra de cambio improvisada que pronto o tarde pagarán los españoles a un precio muy caro.
UPDATE: El ministro de Defensa Bono ha sido obligado a rectificar sus declaraciones tras la amonestación del gobierno cubano. A estos espectaculitos de cabaret se ha visto reducida España.
En realidad, detrás de aquel gesto había ciertamente un vago sabor ideológico de base, pero el objetivo español era evidente: reforzar su papel de puente entre la UE y USA por una lado y la pequeña Cuba revolucionaria por otro, apoyándose en sus ligámenes históricos con la isla (cuatro siglos bajo dominación española previos a los sesenta años de control americano) y procurando consolidar los lucrativos negocios, que en virtud del embargo USA (ley Torricelli de 1992 y Helms-Burton de 1996), han llevado a Madrid a ocupar el segundo lugar como socio comercial de La Habana, tras Canadá. El idealista Zapatero, héroe soñado por un número creciente de socialistas de los países europeos (Italia en cabeza), es en realidad un cínico utilitarista, cuando se trata de negocios, dispuesto a sacrificar alianzas estratégicas consolidadazas (especialmente con USA) con tal de expandir la marca española por América del Sur, mucho más de lo que fue capaz de hacer su predecesor Aznar.
El problema de esta frenética actividad económico-diplomática es que produce resultados mínimos pero con unos costes altísimos. Un primer ministro responsable acostumbrado a las dinámicas
político-diplomáticas de este mundo que persiguiera los mismos objetivos, actuaría exactamente de modo opuesto: perfil bajo y pocas palabras para evitar previsibles irritaciones de sus mayores aliados, muchos contratos fuera del sector estratégico-militar con estados de discutible credibilidad a nivel internacional. Porque, siendo cierto que la compañía española Repsol ha conseguido una concesión del gobierno cubano para prospeccionar una zona marítima en aguas territoriales de La Habana frente al golfo de Méjico, que ha llevado a constatar la riqueza de los yacimientos que circundan la isla, ¿qué sentido tiene perseverar en la irresponsabilidad diplomática, tras haberla ejercida contra USA y muchos países de la UE, al dilapidar el resultado conseguido con las declaraciones de ayer?
La incontinencia verbal en diplomacia es sinónimo de crisis de identidad política en el escenario internacional. Bono, perdido en el intento de representar el papel de amigo inoxidable del proto-régimen venezolano y hacer ingresar en las arcas españolas dos mil millones de dólares por las ventas militares a Caracas, ha afirmado literalmente: "Chávez, puede gustar o no gustar, pero no ha llegado al poder como Fidel Castro o como Pinochet. Ha llegado con elecciones y se mantiene con ellas, y ello es algo que vale más que la opinión que pueda tener un gobierno o una persona particular sobre la democracia venezolana". Diletante.
La democracia improvisada de Zapatero hace aguas por todas partes: ha puesto en crisis su relación privilegiada con Cuba (que rápidamente ha convocado al embajador español en La Habana para endosar al gobierno de Madrid una protesta oficial con la petición de retirar las declaraciones del ministro Bono), a su vez ha conseguido, acto seguido, poner en crisis sus relaciones con USA y con otros países occidentales próximos a la administración Bush (Italia incluida), ya ensuciadas previamente por la obstinación de Zapatero y su ejecutivo, en contra de cualquier consejo proveniente d Washington para que no vendiera tecnología militar a un gobierno como el de Chávez, abiertamente antiamericano y fuente de múltiples preocupaciones geopolíticas ( eje energético-militar con Teherán, La Habana y Pekín abiertamente anti-occidental).
Más allá de las frases de circunstancias y de amistad desplegada entre Madrid y los otros aliados occidentales, Zapatero está dilapidando un capital a efectos de credibilidad y respeto. Su diplomacia "soberana e independiente", como se ha apresurado a especificar Bono, en su intento de reexpedir al remitente los avisos de Washington, constituye una letra de cambio improvisada que pronto o tarde pagarán los españoles a un precio muy caro.
UPDATE: El ministro de Defensa Bono ha sido obligado a rectificar sus declaraciones tras la amonestación del gobierno cubano. A estos espectaculitos de cabaret se ha visto reducida España.
4 comentarios:
Grazie. Vi ho linkato!
Ciao!
;)
Gracias a la empresa MRV por no prestarse al desguazamiento zapateril del Archivo de Salamanca
Catalina Mieras cesada
Carmen Calvo, cesada
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